Mi aveva sempre intrigato il titolo di questo
film.
Per caso avevo visto la scena bellissima al
campetto da basket, in cui lui dice al figlio: "Se vuoi qualcosa vai e
inseguila. Punto!"
C'ho ricamato su, l'ho fatta mia, l'ho inculcata
nella testa delle mie figlie e ho cercato di convincere i miei
amici.
Ora, finalmente, l'ho visto. Tutto.
E forse sarebbe stato meglio restare solo alla
scena del campetto...
Durante tutto il tempo ho aspettato che capitasse
qualcosa di grandioso o semplicemente l'illuminazione che avrebbe fatto capire a Will
Smith cosa è veramente importante.
Ho pianto con lui, struggendomi quasi per la sua
sfortuna, per il suo cercare di restare ottimista sempre e comunque, per la
dedizione mostrata al figlio, per la sua solitudine quando la moglie l'ha
abbandonato.
Ho tremato e sperato quando tutto sembrava
cominciare ad andare per il verso giusto.
Ho atteso, invano, che quel qualcosa di speciale si
producesse.
Invece non è successo nulla.
Ha solo trovato lavoro.
Quindi tutto si riduce a questo?
E' il lavoro che porta la felicità?
Il lavoro che porta soldi.
Soldi, sempre soldi.
Tutto ruota intorno ai soldi.
Comprendo anch'io che senza soldi non si campa, che
"due cuori e una capanna" non esiste più, ma la prego sig. Muccino, non mi
faccia pensare che La ricerca della felicità sia una cosa così squallidamente
materiale.
Fino all'ultimo ho sperato che non si trattasse
solo di questo, negando anche l'evidenza.
Il sig. Smith nel film faceva la parte di uno che
nella vita ha davvero vissuto quei momenti duri e che poi ha trovato un lavoro e
ha fatto un sacco di soldi.
Buon per lui. Bravo. Uno che finalmente ce l'ha
fatta.
Ma per favore... il film intitoliamolo "La ricerca
di un lavoro", "La ricerca del benessere (economico)", "La ricerca dei soldoni",
perchè per me la ricerca della felicità è qualcosa che parte da dentro e che non
si può comprare.
Qualcosa che non ha prezzo.
Menomale che non ho pagato il biglietto
al cinema allora. Avrei fatto la felicità di qualcun altro.