qui dentro trovate un mio racconto d'amore....
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Le disavventure di una quarantenne oltre l'orlo di una crisi di nervi, i suoi racconti e le riflessioni strambe
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martedì 12 febbraio 2013
mercoledì 23 gennaio 2013
Le ombre del mio passato...
Cammino per la stretta via
Barbaroux, chiusa nel mio cappotto lungo e nero, avvolta nella nebbia tipica di
Torino. Ad ogni passo sento addosso gli occhi di bottegai annoiati e donne
mature che attendono improbabili clienti sulla porta di casa.
Mi ha sempre affascinato il cuore
della città, la sua parte più vecchia e più vera. Un labirinto di piccole vie
ciottolate, antiche botteghe in legno che vendono dagli oggetti più strani alle
cianfrusaglie più stupide. Via dei Mercanti era la mia preferita. Passavo i
sabato pomeriggi dei miei sedici anni alla bottega di Fulgenzi, dove trovavo un
pout-pourri di oggetti inutili ma così invitanti.
Per me Torino è via Po…. una via
centrale seppur laterale, un po’ dimenticata dagli ingrati torinesi che
preferiscono camminare per le vie luminose, piene di negozi e bar come via Roma
e via Garibaldi.
Via Po è una via con i portici,
come spesso se ne trovano nella città che mi ha visto nascere. Ha i muri gialli
e le volte bianche scrostate, ma è bellissima. Nostalgica, triste, decadente e
fiera. E’ dove incontri tutti gli sballati del liceo artistico nei loro
sciarponi bianchi e neri che mettevo anch’io alla loro età. E’ dove incontri i
sorrisi e le vecchine che sorseggiano i loro thè al bar Flora o al Caffè
Roberto, dietro il teatro.
Mio Papà mi ci portava sempre la
domenica mattina. Andavamo in un locale, che ora non esiste più, di numismatica
e filatelia. So riconoscere al tatto un ottimo marengo da un buon marengo, uno
scellino ben conservato da uno mediocre.
Fa freddo ora, avvolgo la sciarpa
al collo e mi avvio verso Piazza Vittorio Emanuele, la piazza più grande
d’Europa. Anche lei così triste e così bella. Da qui vedo il Monte dei
Cappuccini, Superga e la collina, che di notte sembra il più bello dei presepi.
La piazza finisce nel ponte che attraversa il Po e si affaccia alla Gran Madre.
Alla mia destra gradini che scendono. Costeggio il fiume, sono ai Murazzi. Li
percorro nella notte brulicanti di persone nei locali e after hours, li
percorro ora, in questo grigio indistinto, con un filo di preoccupazione. E’ tutto
così stranamente deserto. Una pattuglia della polizia è sempre presente, di
giorno come di notte. Mi guardo alle spalle, mi stringo di più nel mio cappotto
e affretto il passo.
Per me Torino è l’odore acre del
Po che sale alle narici quando mi siedo sul bordo del fiume, è l’odore delle
chiese che mio padre mi ha fatto visitare da bambina per mostrarmi tutta la
loro bellezza, è passeggiare senza tempo nel parco fino all’imbarco Perosino…
Torino è anche magia. A volte la
senti mentre cammini per le vie del centro, a volte la sento quando mi siedo su
una panchina di Piazza Statuto e osservo la gente che passa. Immagino i
cunicoli sotto i miei piedi e l’eterna lotta tra il bene e il male, la magia
bianca e la magia nera.
Torino però è anche fredda…. La
gente non ti guarda, la gente corre, ha sempre da fare, ha sempre da dire. Non
si prende il tempo di vivere. E’ diffidente, non sorride più. Non sono mai
stata così e non volevo diventarlo. Allora sono andata lontano, a più di ottocento
chilometri di distanza. Poi però sono tornata. Ho resistito solo per un po’ e
poi sono di nuovo andata via. Finalmente, dopo anni, sono riuscita a trovare un
compromesso….
Alla fine amo questo città ma per
apprezzarla devo starle lontano. Non troppo… giusto il tempo di mettermi in
macchina e raggiungerla in meno di un’ora.
Quello che mi lega a Lei sono le
radici della mia famiglia che affondano nei palazzi di periferia nei quartieri a
nord.
E’ Lei che ha spiato il mio primo
bacio, che ha sentito battere il mio cuore all’impazzata, che mi ha sentito
piangere, che ha udito le mie preghiere e mi ha visto andar via su quel treno
con le lacrime agli occhi. Per questo la amo. Ed è per questo che anche la
odio. Perché non ha saputo trattenermi, perché mi ha cacciato via.
Prima era abitudine, era il
susseguirsi di cose e azioni che si ripetevano ogni giorno. Era un rapporto
logoro, stanco. Come un uomo che non ha più nulla da proporti, non ti dà più
stimoli.
Un uomo di cui conosci
perfettamente l’odore, le abitudini e i difetti. Banale. Scontato. Noioso.
Ora Torino è l’amante che mi
accoglie ogni volta che ne ho voglia. Mi scopro a scoprirla. La vedo con occhi
diversi.
E quando mi stanca la lascio
senza rimpianti, sapendo che tanto, presto o tardi, tornerò a trovarla…
giovedì 10 gennaio 2013
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